NOTIZIE GENERALI
L’ Alta Via delle Dolomiti n. 2 o delle Leggende si svolge dalla Val d’Isarco, cioè dall’estremo margine nord occidentale delle Dolomiti dove si estende la millenaria città storica di Bressanone con la civiltà germanica e quella latina che si sono fuse, fino a Feltre, città antichissima, divenuta nei secoli nucleo di civiltà veneta ai piedi del baluardo alpino. Proprio qui, sulle verdi colline che digradano sul fiume Piave e la pianura veneta, termina l’Alta Via n. 2.
I Gruppi attraversati dall’Alta Via n. 2 sono fra i più classici delle Dolomiti; alcuni appaiono abbastanza addomesticati e con le linee morbide e accattivanti, altri sono oltremodo dignitosi, arroganti e severi come vecchi manieri medioevali. Del primo manipolo potrebbero farne parte il Sottogruppo della Plóse e i Gruppi del Pùtia, delle Odle, del Pùez, del Sella e della Marmolada; nel secondo entrano di diritto il Gruppo delle Pale di San Martino e le Alpi Feltrine.
Il percorso offre grande varietà di panorami e di caratteristiche geologiche. Alle zone dolomitiche del Pùtia, Odle, Sella, Pale, Cimónega, o a quella calcarea della Marmolada, si alternano zone, come quelle del Plose, Pùez, Padón, Bocche e Vette, di così diversa costituzione tale da dare a quelle montagne un differente aspetto, vero contrasto pittoresco con la dolomia.
L’itinerario si svolge per pendici, pascoli, boschi e in prevalenza su terreno roccioso. Anche se in misura minore di un tempo, si incontra ancora del ghiaccio sulla Marmolada e, assai ridotto, sulla Fradusta, con qualche misera vedretta sparsa qua e là sulle Pale di San Martino.
Alcuni grandi altipiani rendono caratteristico e unico questo percorso; li si incontra ad una altitudine fra i 2000 e i 2500 metri, come quello delle Pale, esteso 50 kmq. Quelli del Sella, del Pùez, degli Zingari e delle Vette Feltrine si estendono in misura minore.
Lungo il percorso si possono anche notare i diversi stadi della tormentata e ultra millenaria storia geologica di questa regione, tale da poter affermare con tranquillità che l’Alta Via n. 2 è una vera e propria “grande passeggiata naturalistica”. Infatti la presenza di fossili, di impronte e resti di animali, di piante in vari strati, permette di ricostruire la storia degli esseri viventi che hanno popolato queste terre in un lontanissimo passato.
Il clima è caratterizzato da mitezza e costanza nella zona di Bressanone, mentre la parte di percorso che si svolge fra i 2000 e i 3000 metri è soggetta alle condizioni meteo di tipo alpino, comuni a quelle altezze in tutte le Dolomiti. Sulle Pale di San Martino si fa sentire l’influenza dei venti umidi della pianura che, deviati dalle brezze sempre piuttosto sostenute, provocano condense, quindi nebbie e piogge specie sulle Vette Feltrine. A Feltre il clima è migliore e abbastanza temperato.
La flora è molto varia e distribuita secondo l’altezza che, in quest’Alta Via, raggiunge un arco di 3000 metri, dai 325 metri di Feltre ai 3343 della Marmolada. Come dire: in pochi giorni si ha una visione del mondo vegetale quale potrebbe vedersi in una immaginaria escursione da Feltre alla Groenlandia!
La fauna è quella tipica delle Alpi Orientali: capriolo, camoscio, scoiattolo, marmotta, lepre alpina, vipera, aquila reale, pernice, fagiano di monte, gallo cedrone, corvo imperiale, gracchio, fringuello… e tanti altri animaletti che non mancheranno di ingentilire il nostro lento procedere.
L’itinerario proposto si mantiene a una quota media sui 2100 metri, con punte vicine ai 3000 e difficoltà non rilevanti. Alcuni facili tratti su roccia sono attrezzati con fune metallica, a volte sono un po’ esposti, ma non insidiosi. Si tratta di una delle Alte Vie più facili, con sentieri sempre ben tracciati e segnalati e solo all’inizio d’estate si potrebbero trovare lievi difficoltà nei canali innevati.
Grazie ai numerosi punti d’appoggio, l’Alta Via risulta non molto faticosa e può essere considerata come l’itinerario più affascinante delle Dolomiti Occidentali, una delle Alte Vie più prestigiose.
Uno dei problemi di questo percorso, specie nella sua parte centrale e meridionale, è la scarsità d’acqua. Fino a luglio qualcosa si trova, poi bisogna rassegnarsi a portare una scorta…
I cambiamenti del tempo, infine, vanno studiati con meticolosità evitando di farsi sorprendere impreparati soprattutto fra le pietraie desolate e maestose delle Pale di San Martino o, peggio ancora, trovarsi a girovagare nelle nebbie sempre scure delle Vette Feltrine.
Ricordiamo, per correttezza, che alcuni Autori hanno modificato la sequenza originale del percorso, adattandolo ai gusti personali o a quelli dei loro fruitori o alle esigenze turistiche, qua e là modificando il percorso originale italiano con strane varianti e portando l’Alta Via ad una lunghezza eccessiva: 21 giorni e più invece dei 13 sufficienti e con tappe anche di solo una ora o due al giorno. È vero che queste sarebbero le ferie ideali, rilassanti, goderecce, ma noi abbiamo preferito rimanere nella normalità dei “vecchi tempi”, anche se qualche tappa può apparire un po’ severa nella lunghezza o nel dislivello.
Anche nel nostro caso, rispetto alla guida di Mario Brovelli e Sigi Lechner uscita nel 1973 per i tipi della Tamari editori in Bologna, sono state apportate alcune modifiche e qualche aggiornamento al tracciato originale. In questi anni, infatti, qualcosa è cambiato, sia morfologicamente che in seguito ad adeguati interventi degli organi preposti alla manutenzione ed alla attrezzatura dei vari tratti del percorso. Ciò non toglie nulla all’originalità dell’idea e dell’opera; semmai c’è la ferma volontà di migliorarla e di qualificarla ulteriormente, nel rispettoso ricordo dell’ideatore Brovelli.
Su “Lo Scarpone”, notiziario del Club Alpino Italiano, del 16 marzo e del 1° settembre 1966 apparve un articolo di Mario Brovelli che, per primo, proponeva un lungo ed interessantissimo itinerario dolomitico che congiungesse Bressanone a Feltre. L’idea prese subito corpo e fu chiamata in seguito Alta Via delle Dolomiti n. 2 o “delle Leggende”, per distinguerla dall’Alta Via n. 1 già “lanciata”.
Negli anni successivi il percorso fu esplorato in modo sistematico, soprattutto nei tratti sconosciuti, da Sigi Lechner che, attraverso articoli e conferenze, lo fece conoscere agli appassionati di lingua tedesca già dal 1967. Uscì anche una guidina in lingua italiana curata da Brovelli e Lechner per l’allora E.P.T. di Belluno, in seguito stampata i quattro lingue.
Ottimo collaboratore dell’iniziativa all’estero fu il fotografo norvegese-bavarese Olaf Beer il quale, oltre ad aver esplorato e segnato numerosi tratti importanti, in parte nuovi, diffuse in Germania la conoscenza dell’Alta Via. Per questo è stato insignito nel 2000 del Premio “Pelmo d’Oro” della Provincia di Belluno.
Il primo percorso integrale dell’Alta Via n. 2 è stato compiuto dai feltrini Ivano Tisot e Louis Pillon nel luglio del 1969; nello stesso anno ci fu anche la prima femminile ad opera della svizzera Hildegard Buser (con il marito Otto).
Ma perché è detta anche Alta via “delle leggende”? Perché su tutto il percorso si respira l’aria fiabesca delle antiche saghe, delle historie pagane e religiose, dei crudeli uomini selvaggi vestiti di fronde, dei giganti bonaccioni, della mitica Conturina, degli agili Crodères, della dolce Soreghina “figlia del sol”, delle voluttuose fate, delle viscide anguane, delle vecchie streghe malefiche sfuggite al Concilio di Trento, dei fauni cornuti, delle ninfe seminude e perfide, degli orchi paurosi e delle divinità minori…, giù giù nel percorso fino alla dantesca Piazza del diavolo che giace, come enorme tomba, in fondo ad una conca selvaggia delle Vette Feltrine. Pare che là si svolgano ancor oggi i foschi convegni del maligno…
Alta Via delle Leggende, dunque, a pieno diritto
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